Come Apple sfrutta la legge sulla protezione del marchio registrato per rinsaldare il suo monopolio sulla riparazione.
Il 2 giugno scorso, la Corte Suprema norvegese ha confermato la sentenza della Corte d’Appello e concluso che Henrik Huseby, il titolare di un piccolo negozio di riparazioni a Ski ha violato il comma 4 della legge norvegese sulla protezione del marchio registrato per aver importato 63 schermi per iPhone che portavano il logo Apple contraffatto e occultato.
La Corte Suprema ha concluso che l’occultamento – una pellicola di inchiostro nero a coprire il logo Apple – poteva essere facilmente rimosso, permettendo quindi a Henrik Huseby di usare illegalmente il marchio Apple e vendere gli schermi, che Apple ha sostenuto essere contraffatti, come pezzi di ricambio Apple originali. I marchi registrati a cui si riferisce la decisione della Corte Suprema sono in realtà minuscoli logo Apple stampati su elementi dello schermo che si trovano all’interno degli iPhones e che non sono visibili agli utenti. La copertura del logo con inchiostro è una pratica comunemente utilizzata dalle aziende di ricondizionamento appunto per evitare di violare la legge di protezione dei marchi e per creare pezzi di ricambio senza marca.
In primo giudizio, il fatto che i minuscoli logo Apple all’interno del telefono non fossero visibili aveva portato la Corte Distrettuale di Oslo a una sentenza in favore di Henrik Huseby. L’appello di Apple contro la decisione iniziale ha creato le condizioni per uno scontro impari tra Davide e Golia davanti ai giudici norvegesi arrivando però ad un risultato opposto a quello della storia biblica e ad una cocente sconfitta per i riparatori di tutto il mondo. La battaglia si è conclusa con la sentenza della Corte Suprema che ha accettato l’argomento di Apple che i riparatori indipendenti potrebbero rimuovere l’inchiostro dai loghi e rivendere gli schermi come schermi iPhone originali.
Colpisce il fatto che la decisione della Corte Suprema sia basata sull’ignoranza più totale riguardo al funzionamento del mercato dei pezzi di ricambio dell’iPhone. La realtà è che Apple ha il monopolio sui pezzi di ricambio, cosa che riparatori indipendenti e possessori di iPhones sanno benissimo. Non avendo accesso agli schermi iPhone, l’unica cosa che resta da fare ai riparatori indipendenti è l’importazione di schermi compatibili con iPhones, di qualità e prezzo variabili. Alcuni di questi schermi sono ricondizionati e spesso hanno componenti originali che possono avere un piccolo logo Apple, anche se tutti sanno che non sono pezzi di ricambio originali Apple. Nel mercato dei pezzi di ricambio, la presenza di un logo Apple, occultato o visibile, non ha infatti alcun effetto sul costo o sulla qualità attribuita a questi componenti.
Non avendo richiesto una perizia indipendente degli schermi importati da Herik Huseby per determinare se questi includessero principalmente componenti ricondizionate, la Corte Suprema lascia molte domande senza risposta per il settore dei riparatori indipendenti.
Il caso Huseby non è altro che l’espressione della pressione esercitata da Apple per monopolizzare l’intero mercato della riparazione. La politica di Apple va nella direzione diametralmente opposta a quella auspicata dai cittadini, e cioè che la riparazione sia accessibile a tutti. La decisione della Corte Suprema dimostra come un potente attore del mercato globale possa adoperare la legge norvegese per la protezione del marchio per affermare e rafforzare il controllo sulla riparazione dei suoi prodotti e per contrastare lo sviluppo di una cultura della riparazione tanto necessaria al mondo dell’elettronica. E’ molto probabile che la decisione della Corte dissuada i riparatori di elettronica indipendenti dall’importare pezzi di ricambio compatibili con iPhone.
La decisione ha anche implicazioni molto negative sul piano della sostenibilità. Nella sua sentenza, la Corte Suprema spiega di non aver preso in considerazione la sostenibilità perché il riparatore indipendente è libero di importare schermi compatibili con iPhone senza logo Apple. In realtà, dal punto di vista della sostenibilità, l’utilizzo di schermi ricondizionati è una soluzione decisamente più vantaggiosa rispetto a schermi nuovi. La decisione della Corte ha quindi introdotto ulteriori vincoli all’importazione di schermi ricondizionati e favorito l’opzione meno sostenibile.
Il fatto che Apple voglia controllare la riparazione dei telefoni che produce non è una sorpresa. Nel solo 2019, nella sola Norvegia sono stati venduti più di un milione di iPhones, mentre nel mondo erano 185 milioni. Grazie al monopolio sui pezzi di ricambio, Apple può determinare il prezzo delle riparazioni, sia per quanto riguarda i servizi di riparazione che offre direttamente che per i servizi offerti dai riparatori Apple autorizzati. Apple può tenere i prezzi delle riparazioni alti così da creare incentivi all’acquisto di nuovi modelli, invece che alla riparazione. Questo non fa altro che perpetuare la cultura dell’elettronica Usa e Getta, andando nella direzione opposta a quella dell’obiettivo di crescita sostenibile 12 “Produzione e consumo sostenibile” delle Nazioni Unite.
Apple è attivamente opposta alla legislazione in favore del cosiddetto Diritto alla Riparazione in Europa e negli Stati Uniti. Una legislazione che obbligherà Apple a rendere disponibili a tutti i riparatori documentazione e pezzi di ricambio. La stampa di piccoli logo Apple sui diversi elementi che compongono gli schermi iPhone diventa un modo per opporsi al movimento per il Diritto alla Riparazione usando la normativa nazionale per la protezione dei marchi registrati, come nel caso della Norvegia, per negare l’accesso a pezzi di ricambio ricondizionati ai laboratori di riparazione indipendenti.
In origine, il marchio registrato ha lo scopo di proteggere la marca e di promuovere la competizione segnalando al consumatore il nome del fabbricante del prodotto. Usare la legge sul marchio registrato, come ha fatto Apple, ha come risultato quello di soffocare la competizione nel settore delle riparazioni, limitando l’offerta di servizi, aumentando il costo delle riparazioni e penalizzando così i cittadini.
La Corte Suprema norvegese ha giudicato che dei piccoli logo all’interno di un telefono, invisibili agli utenti e irrilevanti per i riparatori indipendenti, violano in qualche modo il marchio registrato Apple. La decisione ha un caro prezzo per Henrik Huseby che dovrà pagare danni alla più ricca società al mondo. Ma ha anche un caro prezzo per i cittadini norvegesi e per la sostenibilità più in generale.
Testo originale: https://repair.eu/news/apple-uses-trademark-law-to-strengthen-its-monopoly-on-repair/ di Maja van der Velden, Sustainability & Design Lab, University of Oslo.
Immagine iniziale di John Rowley.